Immaginate di dover perdere l’incontro ad una finale di campionato o addirittura essere costretti a rinunciare sul piu’ bello ad una olimpiade per un problema fisico magari dopo mesi di preparazione atletica e di sacrifici.
Oppure semplicemente non poter partecipare ad una gara amatoriale cui tanto tenevate per lo stesso motivo. Quando questo accade, la causa puo’ talvolta dipendere da una tensione inguino-pubica alla radice degli arti inferiori che provoca dolore ed è tipica di giovani sportivi di sesso maschile. Viene indicata dai medici col nome di “pubic inguinal pain syndrome”, nota anche con l’acronimo di “Pips”, o come “sportsman’s hernia“, ma è piu’ comunemente conosciuta col termine di pubalgia così chiamata dai non addetti ai lavori.
Di non sempre facile diagnosi, questa manifestazione clinica invalidante viene frequentemente scambiata erroneamente per un’ernia inguinale, il più delle volte inesistente o impalpabile o se presente, spesso totalmente asintomatica quindi senza indicazione chirurgica.
La pubalgia colpendo frequentemente categorie a rischio: calciatori, rugbisti, giocatori di hockey, puo’ costrigere atleti professionisti a rinunciare a gare ed allenamenti imponendone l’astensione anche per lungo tempo. Ma anche chi pratica lo sport a livello dilettantistico non è esente dall’essere colpito da questo stato infiammatorio che impedisce il prosieguo dell’attività fisica al soggetto colpito. La sintomatologia dolorosa viene esacerbata durante lo sforzo muscolare ed è localizzata al lato destro o sinistro del pube e dell’inguine.
Si verifica in quest’area per un motivo ben preciso. In questa zona del bacino i muscoli retti dell’addome ed i muscoli adduttori della coscia hanno una configurazione particolare cioè si incontrano andando ad inserirsi l’uno accanto all’altro bilateralmente. L’estremita’ del retto addominale trae origine sul pube. Spostato medialmente, sul tubercolo pubico, trova posto invece i’inserzione comune del tendine dell’adduttore lungo e del legamento inguinale in stretta vicinanza al punto di arrivo del muscolo retto. Questi elementi che applicano linee di forza differenti, contraendosi agiscono in disaccordo, tirando e spingendo in direzioni opposte (il retto verso l’alto e l’adduttore in modo contrario portando verso l’esterno in apertura la coscia omonima).
Questa situazione anatomica caratterizzata da una disarmonia funzionale tra le parti, risulta sensibile al verificarsi di determinati eventi, come ad esempio il continuo stress muscolare. L’essere sottoposta a continue condizioni di uso eccessivo, di sovraccarico lavorativo specie se accompagnato da traumi, determina un’instabilità pelvica che se protratta nel tempo, ha come conseguenza finale l’ipertrofia muscolare e la rigidità delle inserzioni sul pube.
Il sintomo principale della pubalgia è il dolore muscolo-tendineo caratterizzato tipicamente da un andamento cronico legato al coinvolgimento dei tre nervi sensitivi della regione inguinale (ileoinguinale, ileoipogastrico e genitofemorale). Nelle fasi iniziali generalmente si manifesta quando incomincia l’attività fisica per poi cessare dopo il riscaldamento. Ma la scomparsa del dolore non significa affatto che il problema si stia risolvendo. Per tali caratteristiche il PIPS esige una diagnosi non solo esatta ma anche precoce. Spesso necessita di un approccio multidisciplinare implicando diverse figure professionali: il chirurgo, l’ortopedico, l’urologo, il radiologo, il fisiatra. L’esame clinico polispecialistico con l’attenta analisi di questi atleti a cominciare dalla loro storia anamnestica, rappresenta quindi il primo passo verso la ricerca delle sue cause peraltro non sempre facili da identificare.
Talvolta sono necessari esami strumentali per la diagnosi differenziale con altre condizioni patologiche che possono mimare una sindrome pubalgica. Il conflitto femoroacetabolare, l’osteite pubica, la tendinopatia degli adduttori, possono avere sintomi simili ad essa pur avendo una spiegazione differente. In questi casi esami più approfonditi mediante la diagnostica per immagini quali la semplice ecografia dei tessuti molli oppure più invasivi come la tomografia assiale computerizzata (TAC) o la risonanza magnetica nucleare (RMN) pur non essendo dall’esito scontato, offrono un valido ausilio diagnostico.
Stabilta con certezza la motivazione dei disturbi, occorre quindi decidere la strategia di cura. L’iniziale management terapeutico deve essere idealmente conservativo. Si impone il riposo associando l’utilizzo di farmaci antinfiammatori, antidolorifici ed eventualmente l’infiltrazione locale con soluzioni anestetiche in modo da alleviare i sintomi. Segue il protocollo standard di riabilitazione mediante la fisioterapia con gli esercizi di stretching, nuoto o cyclette accompagnati dalla tecar oppure dall’ozonoterapia per poi tornare alla corsa dopo circa tre mesi a conclusione del ciclo terapeutico. Questi presidi consentono realmente di raggiungere la completa guarigione nell’80% dei casi.
Ma nel restante numero, questo percorso non è risolutivo. In tali occasioni occorre considerare l’opzione chirugica che rappresenta la soluzione estrema cui affidarsi per risolvere il problema in caso di insucesso. La chirurgia deve essere necessariamente “sartoriale” cioè su misura; tuttavia non vi è ancora un reale consenso tra gli esperti circa le tecniche operatorie adottabili che possono essere open o laparoscopiche. L’obiettivo unanime resta comunque quello di agire sulle cause della pubalgia liberando i tre nervi coinvolti dai fattori compressivi e correggendo lo squilibrio dovuto alla differente azione dei muscoli con la sezione parziale del tendine dell’adduttore lungo e del retto omolaterale spostando così il carico cui viene sottoposto il pube sul piano profondo. L’eventuale presenza di una vera ernia inguinale consente inoltre solo in questo caso di riparare contemporaneamente la debolezza posteriore del canale inguinale mediante un’erniplastica con o senza protesi, peraltro non risolutiva dei disturbi se non associata all’intervento principale di tenotomia. In questi casi è possibile tornare gradualmente all’esercizio fisico dopo 30-40 giorni dall’operazione.
La cosidetta ernia dello sportivo è una entità inficiante di origine complessa con scarsa tendenza a risolversi spontaneamente nella quale vari fattori possono esserne responsabili agendo da soli o in combinazione tra loro. Identificarne correttamente l’eziologia all’insorgere è fondamentale per evitare il lento decorso e la persistenza dei sintomi.