Consolle, joystich, pedali, visione ad alta definizione in 3D come in un videogioco di una play- station. Si tratta però di tutt’altro. Nulla di virtuale, siamo nel mondo reale nel quale il chirurgo robot è il coprotagonista che affianca l’uomo nel condurre un intervento chirurgico sul vivente. Il suo nome è “Da Vinci” un sofisticato sistema che combina software ad elettronica integrati con la robotica avanzata e la tecnologia endoscopica.
Già utilizzato dal Pentagono americano per curare a distanza i soldati feriti in guerra non raggiungibili dal medico, da anni è ormai in uso nelle nostre sale operatorie più hi-tech per operazioni ad alta complessità. Da una parte il paziente nel quale due mani meccaniche composte da un pollice e un indice (che non tremano mai, con un polso in grado di ruotare di 180° in più rispetto a quello umano) si muovono guidate da occhi intelligenti costituiti da una minitelecamera che riproduce immagini tridimensionali. Dall’altro lato il chirurgo (quello autentico, il vero protagonista) che riceve queste immagini attraverso un casco visiera e opera alla consolle posta a breve distanza dal paziente (un paio di metri). Tutto questo gestito da un calcolatore.
Sotto il controllo visivo le dita delle sue mani si trasformano all’interno del corpo in strumenti articolati di alta precisione in grado di compiere movimenti fini che agiscono simultaneamente agli ordini impartiti dall’esterno dall’operatore concorrendo ad aumentarne la destrezza, l’accuratezza e la sensibilità nell’eseguire l’intervento. La chirurgia mini invasiva assistita dal robot riduce al massimo gli inconvenienti che potrebbero verificarsi durante le resezioni oncologiche in laparoscopia, ha recentemente sottolineato Francesco Corcione (Ospedale Monadi di Napoli) e aggiunge che “Da Vinci” è il mezzo ideale per effettuare la chirurgia in campi operatori piccoli e ristretti come ad esempio quello relativo all’intestino retto.
Nell’eseguire un intervento in 3D per un tumore in questa sede è possibile non solo rispettare la radicalità oncologica ma preservare più facilmente l’integrità nervosa della zona colpita. Il futuro di questo dispositivo è rivolto alla possibilità di un suo utilizzo in maniera ancora meno aggressiva. Il robot sarebbe in grado di agire sul tubo digerente senza l’uso del bisturi attraverso gli accessi naturali del nostro corpo come l’ano o la bocca.
È quello che si prefigge uno studio che prevede la collaborazione del King’s College di Londra, della Scuola Sant’Anna di Pisa per la parte ingegneristica, e dell’Università di Torino ad opera di Mario Morino responsabile della conduzione clinica del progetto. Saranno due gli obiettivi da perseguire. Realizzare strumenti chirurgici compatibili che introdotti dagli orifizi naturali possano poi essere assemblati all’interno dell’organismo anziché all’esterno per mezzo di un sistema pneumatico.
L’altro obiettivo dovrà tenere conto della possibilità di attuare un controllo totalmente wireless, vale a dire senza cavi di collegamento. Inizialmente la tecnologia robotica potrà penetrare nel corpo attraverso un monoforo dell’ombelico, in un secondo tempo la ricerca dovrà concentrarsi su di una ulteriore miniaturizzazione del sistema per consentirne l’accesso dagli orifizi naturali stessi anziché attraverso la parete addominale.
Uomo e la macchina, una simbiosi sempre più evidente anche in campo chirurgico dove ormai è ritenuta una necessità..